Articolo 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, 
senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, 
di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico 
e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza 
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana 
e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione 
politica, economica e sociale del Paese.
Articolo 37
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni 
che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire 
l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla 
madre e al bambino una speciale e adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
Facciamo il gioco delle associazioni di idee. Se voi dite “donna”, io dico “amore”. 
Sì, avverto il sussulto dell’amore di mia madre, di mia nonna, di mia moglie… Se fossi uno scultore e mi commissionassero una statua sulla nonviolenza, scolpirei una donna! Perché è l’opposto della violenza! Purtroppo però per millenni è stata il suo bersaglio preferito: in casa, al lavoro, nei rapporti sociali. Era il peccato, il diavolo, la rovina! 
Perdonateci, donne, perdonateci tutti! 
Se vogliamo combattere questa turpitudine, occorre un capovolgimento culturale e giuridico, in cui il soggetto, la “soggetta” è la donna, la persona, con i suoi diritti inviolabili, con la sua “bellezza” e la sua specificità, non l’uomo, che tenta di “sfregiarla” con le sue condotte ignobili. 
Senza dimenticare che anche il violento è una persona. Bisogna innovare anche nei suoi confronti, spostando l’attenzione dalla pena all’essere umano, dalla repressione alla prevenzione. L’imputato e il condannato di uno o più delitti caratterizzati da violenza o discriminazione di genere, sia in stato di libertà che detenzione, dovrebbero avere l’obbligo di partecipare a programmi di recupero, al fine di mutare già interiormente il loro approccio all’universo femminile. 
Ma proviamo a definirla, la violenza di genere! È in ogni tipo di comportamento aggressivo motivato dal sesso o dall’orientamento sessuale della vittima, e si manifesta in particolare attraverso ingiurie, minacce, molestie, percosse, violazioni degli obblighi di assistenza familiare, azioni lesive di natura economica, abusi dei mezzi di correzione o disciplina, maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenze private, domestiche, sessuali, atti persecutori (stalking), corruzioni e adescamenti di minorenni, sfruttamenti e favoreggiamenti della prostituzione, pornografia minorile e detenzioni di materiale pedopornografico, condotte informatiche, danneggiamenti, incendi, lesioni dolose, sequestri di persona, omicidi volontari consumati, tentati, preterintenzionali. 
La discriminazione di genere è in ogni tipo di gesto, causato dal sesso o dall’orientamento sessuale della vittima, che provoca disparità di trattamento o limitazione dei suoi diritti. 
La violenza domestica si concretizza in atti gravi e ripetuti di prepotenza fisica, sessuale, psicologica, economica tra coniugi, partner, persone legate, anche precedentemente ai fatti, da un legame d’amore o affettivo, a prescindere dalla convivenza.
È ora di dire basta!
Carissime, nel mio piccolo ho deciso da alcuni anni di usare il femminile anche per vocaboli che non lo prevedono: sindaca, capitana… soggetta; e di inserire sempre il femminile accanto al maschile, anzi prima: studentesse e studenti, adulte e adulti, tutte e tutti, altre e altri… È  solo una goccia, ma aiuta a diffondere una mentalità paritaria. Potreste farlo anche voi: le gocce potrebbero formare un fiume!