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LE TASSE

I TARTASSATI

Genere: Commedia

Nazione: Italia 1959

Regia: Steno

Cast: Totò, Louis De Funès, Aldo Fabrizi, Miranda Campa, Anna Campori.

Soggetto: Aldo Fabrizi, Roberto Gianviti, Ruggero Maccari, Vittorio Metz e Steno

Sceneggiatura: Aldo Fabrizi, Roberto Gianviti, Ruggero Maccari, Vittorio Metz, Steno

Produttore: Mario Cecchi Gori

Direttore della Fotografia: Marco Scarpelli

Montaggio: Eraldo Da Roma

Musiche: Piero Piccioni

Scenografia: Giorgio Giovannini

Costumi: Ugo Pericoli

Trucco: Marcello Ceccarelli

Produzione: Maxima Film, CEI Incom, Champs-Élysées Productions

Distribuzione: CEI Incom

 

Il cavalier Torquato Pezzella è il titolare di un negozio di abbigliamento che evade regolarmente le tasse con l'aiuto di un consulente di fiducia. Un brutto (per lui) giorno arriva però nel negozio il maresciallo della Tributaria Fabio Topponi, un integerrimo servitore dello Stato incaricato di fare un accurato accertamento. Pezzella farà di tutto per corromperlo mentre i reciproci figli, conosciutisi casualmente, si innamorano. Come evadere le tasse? È un problema di sempre in Italia e questo film ce lo testimonia. Totò rappresenta, in questo caso l'italiano pronto a tutto pur di frodare lo Stato, Fabrizi è invece l’incorruttibile servitore dello Stato. 

LA COSTITUZIONE COME AMICA

a cura di Michele Del Gaudio

LE TASSE

Vi sembrerà assurdo, ma proprio le maledette tasse rappresentano uno degli strumenti a favore dei più deboli: ogni cittadino dà allo Stato una quota di quel che guadagna per finanziare i servizi pubblici, la salute, la giustizia, lo studio, la sicurezza... attraverso ferrovie, ospedali, tribunali, scuole, poliziotti... Il nostro infatti è uno Stato sociale di diritto, che assiste il cittadino “dalla culla alla tomba”. Folli non sono le tasse, ma il loro enorme numero e la percentuale del reddito che ognuno di noi è chiamato a versare: a volte rasenta il 50 %. E poi l'Italia si divide in due parti: quelli che pagano le tasse e quelli che non le pagano. I primi sono lavoratori dipendenti e pensionati, che sono “costretti” a corrisponderle, perché a stipendio e pensione sono già sottratte le imposte; i secondi sono tutti coloro che percepiscono utili variabili, non individuabili a monte o a valle nel loro esatto ammontare, se non con la collaborazione del contribuente, che tace o dichiara molto meno di quanto incassa. L'evasione raggiunge ormai più di cento miliardi di euro all'anno; se eliminata, potrebbe risanare l'intero bilancio statale. Ed allora? Si potrebbe ridurre drasticamente la molteplicità dei balzelli e l'entità delle aliquote, cioè delle percentuali dell’introito da erogare, bloccandole ad un massimo del 20, 25 %. Bisognerebbe poi introdurre una rigorosa disciplina sanzionatoria, con gravi conseguenze per gli infedeli: multe salate, sequestro di beni mobili e immobili, di aziende, fino ai “ceppi” nei casi più gravi. Così si prenderebbero due piccioni con una fava: da una parte il cittadino preferirebbe sborsare, date la esiguità della somma rispetto alle entrate e la severità delle sanzioni; dall'altra l’erario riscuoterebbe più di adesso, in quanto l'evasione sarebbe circoscritta ai minimi termini. Infine le attuali ed inconcludenti Commissioni tributarie, i cui membri sono nominati discrezionalmente da dirigenti giudiziari, consigli comunali e provinciali, andrebbero sostituite da una magistratura tributaria di carriera, come quella ordinaria e amministrativa. 

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